Investimenti e riforme: per il Recovery Plan servono cambiamenti radicali

La priorità assoluta rimane il piano vaccinazioni, a cui deve però seguire un piano di ripartenza vero, fatto non solo di risorse finanziare, ma anche di adeguati programmi di riforma.

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Recovery Plan riforme

di Rossano Salini

A un anno dall’inizio della crisi pandemica che ha stravolto, contro ogni più remota aspettativa, il mondo intero, posto che la priorità assoluta è oggi la campagna vaccinale, bisogna incominciare ad occuparsi della ricostruzione concentrandosi su tre aspetti essenziali: economia, riforme, scuola.

La recente ridda di anniversari viene accompagnata da un dato interamente appartenente alla sfera del presente: abbiamo superato la soglia dei 100mila morti per Covid. Centomila in un anno sono tanti, tantissimi. Sono una ferita per una nazione, esattamente come sono state ferite indelebili le generazioni cancellate dalla guerra.

Crisi non solo per i morti, ma anche per tanti altri aspetti. Crisi sociale, con i giovani che stanno pagando a carissimo prezzo le chiusure in termini di carenza formativa e di fragilità psicologica, maturata in questi mesi in cui il loro percorso di crescita è stato di fatto spezzato. Crisi economica sempre più grave e devastante, soprattutto in alcuni settori messi letteralmente a terra dalle restrizioni attuate. Crisi politica e di classe dirigente, che in questi mesi ha messo in luce a più riprese le proprie inadeguatezze e che ora si trova ad affrontare una sfida di cambiamento radicale che si spera venga colta una volta per tutte.

Il dato dei centomila morti, comunque, rimane lì come un macigno. Come un monito. Come un tetro richiamo al fatto che, veramente e non retoricamente, bisogna mettere al bando ogni futilità e concentrare con realismo e operatività tutte le proprie forze per uscire al più presto e in maniera definitiva da questa situazione.

La speranza di una svolta 

Il cambio al governo, con l’insediamento di Mario Draghi alla presidenza del Consiglio e con i cambiamenti da lui messi in atto in tutta la catena di comando legata alla gestione pratica e operativa della crisi pandemica (Protezione civile e Commissario), fa sperare in una svolta che dia veramente l’accelerata finale per iniziare a guardare con fiducia al dopo. Questo governo, al di là delle motivazioni che hanno innescato la crisi e che francamente sono già passate nel dimenticatoio in cui vengono abbandonate tante piccole contingenze politiche, è nato con una vera e solida priorità, che campeggia su tutto: cancellare tutti gli errori fatti nell’avvio della campagna di vaccinazione e buttarsi a capofitto per far sì che entro l’estate buona parte della popolazione abbia ricevuto il vaccino.

La campagna di vaccinazione è la priorità assoluta e incontrastata di tutta la politica nazionale in questo momento. Bisogna chiudere su quello, per poi veramente potersi concentrare sulla ricostruzione. Posta questa come priorità assoluta, rimane il fatto che naturalmente di ricostruzione bisogna incominciare ad occuparsene adesso, per pianificare e arrivare pronti. Il tutto concentrandosi su tre aspetti essenziali: economia, riforme, scuola.

Recovery Plan: investimenti, ma anche riforme

Sulla ripresa economica il punto è stato fatto dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, il quale, oltre ad aver chiarito il dato ufficiale sulle cifre messe a disposizione dall’Europa con il Recovery Plan, vale a dire 191,5 miliardi (e non i 209 precedentemente indicati), articolati in 69 miliardi di trasferimenti e i restanti 127 di prestiti, ha anche indicato un criterio fondamentale per il Piano di attuazione: coniugare investimenti e riforme. Ci sono investimenti strategici, in particolare in ambito digitale, ma ci sono anche cambiamenti radicali da attuare nel nostro Paese, che toccano punti centrali, come il nodo fiscale, la Pubblica Amministrazione, il funzionamento della Giustizia. Abbiamo già avuto modo di dire che la nascita del governo Draghi è un’occasione di riforma generale del sistema da non perdere. Non perché Draghi sia il deus ex machina in grado di risolvere chissacché; ma perché sotto la sua guida si è attuato un vero e proprio governo di unità nazionale in cui possono finalmente essere messi da parte quei piccoli veti e quelle piccole divisioni di carattere politico-partitico che troppo spesso hanno frenato nell’ultimo periodo spinte riformiste quanto mai necessarie. E ancor più necessarie oggi, quando tutti sappiamo bene che un piano di investimenti straordinario, in un contesto però vecchio e non in grado di attuarlo a pieno, otterrebbe l’effetto di realizzare cose che non tengono nel tempo, e che per di più ci lasciano sulle spalle solo debito accumulato.

Al centro istruzione e formazione

Se economia e riforme in tal modo si coniugano in maniera indissolubile, rimane il fatto che l’altro pilastro, cioè la scuola, deve tornare ad essere al centro delle preoccupazioni del mondo politico. Questi mesi sono stati una ferita devastante per i giovani che hanno dovuto subire una condizione di eccezionalità senza pari. Senza ritornare sul tema di cosa bisognava fare, di chiusure sì o chiusure no per la scuola: quel che conta è che ci siamo resi conto come non mai che senza scuola il Paese non va da nessuna parte. Che parlare di giovani senza parlare di scuola non ha senso, perché la loro vita ruota intorno a questo elemento e quando questo manca loro stessi sono i primi a sentirsi perduti. La rinascita economica dovrà per forza passare da una centralità della formazione delle giovani generazioni. Potrebbe essere anche il momento per riflettere su alcuni difetti strutturali del nostro sistema, dalla governance delle scuole alla carriera dei docenti, su cui da tempo bisogna intervenire.

Un quadro generale complesso, dunque, che dovrà essere attuato nei prossimi mesi, speriamo senza ostacoli e sulla spinta di un rinnovato spirito di unità da parte delle forze politiche. Prima la priorità assoluta e incontrastata del piano vaccinazioni, per metterci alle spalle una volta per tutte la tragedia segnata in questi giorni dal dato terribile sui centomila morti; poi un piano di ripartenza vero, che non sia fatto solo di risorse finanziare ma anche di adeguati programmi di riforma.


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