di Alan Friedman |
Un periodo di convalescenza. Ecco di cosa ha bisogno adesso il Paese in cui sono nato, un Paese che fino agli ultimi avvenimenti era (e di nuovo sarà in futuro, spero) considerato un modello di democrazia moderna. Tutti coloro che amano gli Stati Uniti oggi provano una grande tristezza, venata forse di pietà, e certamente di un profondo disgusto nei confronti dello scioccante spettacolo di un presidente in carica che incita all’insurrezione. Un atto palesemente criminale, a opera di un presidente degli Stati Uniti. In diretta.
L’America non incarna più l’ideale della luminosa Città sulla Collina. Il nostro modello vacilla. Adesso somigliamo a uno Stato semi-fallito, governato da un leader autocratico che ha appena aizzato un attacco violento alla sede delle istituzioni spronando la sua schiera di fanatici, simile ormai a una setta religiosa. Dobbiamo ricordarci chi siamo e riaffermare i nostri principi democratici.
L’impeachment non è una punizione sufficiente per un presidente che ha caldeggiato la violenza e la sommossa, tradendo quindi il suo compito di difendere e rispettare la Costituzione. Trump deve diventare un monito, un esempio; deve essere punito, se non si vuole che altri presidenti futuri possano replicare gli stessi comportamenti criminali e farla franca. Ma adesso basta. Basta Trump. Speriamo che sia il passato, anche se chiunque sta leggendo questo articolo sa anche troppo bene che né lui né il trumpismo spariranno tanto in fretta.
Le aspettative sulla nuova presidenza
Passiamo a Joe Biden. Il nuovo presidente si trova ora a ricomporre una società lacerata e divisa. Ha il controllo sia della Camera dei Comuni che del Senato, quindi la buona notizia è che potrà farsi approvare il suo gabinetto di ministri per poi iniziare a disfare alcuni degli orribili atti perpetrati da Trump in quattro anni. Potrà anche farsi approvare importanti stimoli economici che aiuteranno la ripresa dell’economia statunitense e mondiale, facendo sorridere Wall Street. Ottimo.
Biden verrà accolto a braccia aperte in Europa e in buona parte del mondo. Ancora una volta la parola di un presidente americano godrà di autorevolezza morale. Il problema in ogni caso è che in soli quattro anni Trump ha ridotto l’influenza americana al punto che per Biden non sarà facile riportare il Paese nella posizione che occupava un tempo nel consesso mondiale. Non è scontato che ci riesca. Washington deve recuperare la sua credibilità agli occhi degli alleati che ha insultato. Nel frattempo, l’abdicazione trumpiana che ha portato l’America a rinunciare alla sua leadership ha permesso alla Cina di accelerare la propria corsa verso lo status di superpotenza economica del ventunesimo secolo. Vladimir Putin si è dimostrato entusiasta degli attacchi trumpiani alla Nato e al sistema multilaterale. Che epilogo meraviglioso che ha regalato l’amministrazione agli amici di The Donald, i dittatori di ogni angolo del globo: Trump ha ordinato a supporter violenti e armati di razziare il Campidoglio. Come farà l’America a parlare di democrazia dopo questa sciagura? Che lezioni potrà mai dare? A chi?
Perciò, come stavo dicendo, alla luce di tutto il dolore che è stato inflitto e dei danni strutturali riportati, c’è bisogno di un periodo di convalescenza. Biden farà del suo meglio – nella retorica come nelle azioni concrete – per garantire più equità sociale, più inclusività, più diversità, più democrazia. Ma non sarà facile. In fin dei conti, abbiamo appena evitato d’un soffio “l’incendio del Reichstag” a Washington.
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