Imprese familiari e crisi: i dati dell’Osservatorio AUB

Secondo il XII Osservatorio AUB il 25-30% delle imprese italiane potrebbe entrare in procedure concorsuali o liquidatorie, se non ricorrerà a ricapitalizzazioni con equity esterno

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imprese familiari

Secondo il XII Osservatorio AUB il 33% delle imprese familiari italiane ha una struttura patrimoniale e finanziaria inadeguata ad affrontare la pandemia. Il 25-30% potrebbe entrare in procedure concorsuali o liquidatorie, se non ricorrerà a ricapitalizzazioni con equity esterno.

L’Osservatorio AUB, promosso da AIDAF – Italian Family Business, Cattedra AIDAF-EY della Bocconi, UniCredit e Cordusio, con il supporto di Borsa Italiana, Fondazione Angelini e Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi, monitora tutte le aziende familiari italiane che hanno superato la soglia di fatturato di 20 milioni di euro: 17.984 aziende, di cui 11.808 a controllo familiare (pari al 65,6%).

Francesco Casoli, presidente di AIDAF – ItalianFamily Business, dice: “Dalla ricerca emergono, ancora con più forza, due cose: la grande importanza nella nostra economia Nazionale delle imprese familiari e il bisogno di dotarle di una governance e management per un sano passaggio generazionale e all’altezza delle prossime sfide”.

“A parte la speranza che la ripresa, questa volta, sia più veloce, la nostra analisi mostra che l’unica via di uscita è un maggiore ricorso all’equity, accompagnato da un’apertura alla leadership esterna e a un suo auspicabile ringiovanimento”, spiega Guido Corbetta, titolare della Cattedra AIDAF-EY di strategia delle Aziende Familiari in memoria di Alberto Falck della Bocconi e curatore dell’Osservatorio con Fabio Quarato.

Come hanno reagito le imprese familiari al Covid-19

L’Osservatorio si conclude con una prima analisi della reazione delle imprese familiari alla crisi pandemica, condotta sulle società quotate (al netto di banche e assicurazioni). “I dati confermano la grande reattività delle aziende familiari e l’apprezzamento del mercato per tale caratteristica”, afferma Fabio Quarato. Pur partendo da un livello decisamente più basso (25% contro il 43% del campione totale, che comprende familiari e non familiari), le aziende familiari hanno quasi raggiunto le altre nell’utilizzo dello smart working (85% vs. 93% del campione totale) durante il 2020. Nel 77% dei casi, inoltre, le aziende familiari si erano attivate per dare supporto ai dipendenti, soprattutto dal punto di vista della sicurezza (protocolli e fornitura di dispositivi di protezione individuale). Ne derivavano, per il primo semestre, una riduzione dei ricavi più contenuta (10,1% vs, 11,9% delle non familiari), un aumento dell’occupazione (+3,4%) da confrontarsi con un calo nelle non familiari (-1,4%) e una performance di borsa migliore del 22,3%.

“L’analisi dell’Osservatorio AUB, che include un confronto tra primi 1.000 gruppi di Germania, Francia, Italia e Spagna, ci conferma che le imprese familiari continuano a rappresentare l’ossatura di molti di questi mercati”, commenta Francesco Giordano, Co-CEO CB Western Europe di UniCredit. “L’Italia – dove valgono il 43,7% – ne è un chiaro esempio. Il dato italiano è in linea con quello tedesco del 39,5% e spagnolo del 35,4% e ci racconta come la ripartenza dell’economia europea sia strettamente connessa a queste realtà aziendali. Proprio per questo, ancor di più nel momento delicato che stiamo affrontando, il ruolo del sistema bancario e il supporto finanziario sono cruciali per sostenere la competitività di questi business.

 

 

 

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