Infrastrutture di trasporto: il primo step è il monitoraggio

Graeme Clark, Principle Engineer di Renesas Electronics, prendendo spunto dal crollo del Ponte Morandi, spiega come, grazie a sensori posizionati in profondità all’interno delle strutture da monitorare, si possono evitare tragedie simili

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infrastrutture Londra pixabay

Sono diversi gli aspetti che nelle infrastrutture di trasporto possono essere migliorati affinché le nostre città siano più intelligenti e sostenibili. Oltre a diminuire il parco auto circolante, ridurre i veicoli inquinanti, promuovere la mobilità elettrica/ibrida, con il relativo sviluppo di reti di ricarica, e sviluppare la mobilità alternativa, però, c’è un’esigenza urgente di riqualificazione delle stazioni ferroviarie e dei tratti stradali. Su quest’ultimo punto è interessante l’approfondimento di Graeme Clark, Principle Engineer di Renesas Electronics, che, prendendo spunto dal crollo del Ponte Morandi avvenuto a Genova nel 2018, spiega come, grazie a sensori posizionati in profondità all’interno delle infrastrutture da monitorare, si possono evitare tragedie simili, riducendo al minimo i costi di sostituzione o aggiornamento delle infrastrutture stesse e usando fonti di energia pulita per alimentare i sistemi di monitoraggio.

Che cosa abbiamo imparato dal crollo del ponte Morandi

“Il ponte Morandi è uno dei tanti costruiti negli anni Sessanta per sostenere l’enorme aumento del settore automobilistico privato in tutta Europa in quell’epoca. Il ponte era un progetto strallato con i cavi rivestiti in cemento precompresso, una modalità allora considerata sufficiente per rendere i ponti effettivamente esenti da manutenzione. Questo tipo di design del cavo rende però più difficile l’ispezione dei cavi stessi, la cui corrosione può passare inosservata, potenzialmente, fino al guasto”, esordisce Clark. Il crollo dell’agosto 2018 ha avuto ripercussioni in tutto il mondo e molti governi si sono mossi negli ultimi tempi per monitorare un numero enorme di ponti nelle loro reti stradali. L’Unione europea ha diversi progetti di ricerca in corso in questo ambito che hanno un denominatore comune: i sistemi elettronici di monitoraggio strutturale. “Ci sono molti tipi di sistemi attualmente sotto esame che utilizzano un’ampia varietà di tecnologie di sensori per identificare se una struttura è a rischio di guasto imminente. La più comune è l’estensimetro, ma altre tecnologie includono l’interferometria in fibra ottica, il monitoraggio acustico, i misuratori di inclinazione, il monitoraggio della temperatura e del pH”, continua Clark.

Le peculiarità dei sistemi di monitoraggio delle infrastrutture

I sistemi di monitoraggio strutturale, per definizione, spesso devono essere installati in profondità all’interno della struttura del ponte, in luoghi inaccessibili, e questo rende problematica la loro alimentazione: i cavi possono essere esposti e danneggiati durante la vita della struttura, le radio a bassa potenza presentano criticità di accesso per il cambio o la ricarica delle batterie, mentre affidarsi all’energia solare significa dipendere dalle ore di luce diurna del luogo in cui si trova l’infrastruttura. Clark indica una soluzione possibile con collettori di energia prodotta da vibrazioni e celle solari: “Un tipico progetto può basarsi su un sensore alimentato da una piccola cella solare (25 cm2) in grado di generare energia sufficiente per consentire al sistema di utilizzare il sensore ogni pochi minuti e inviare la misurazione risultante via radio a un sistema di monitoraggio centrale. Con il controllore integrato di Renesas RE01, poi, si può disporre di un controllore di energy harvesting on-chip, che consente un’alimentazione da fonti di energia alternativa, gestendo sia il problema dell’avviamento del sensore sia quello di controllare la carica di una batteria secondaria esterna, dove si immagazzina l’energia necessaria per alimentare sia l’MCU sia i dispositivi esterni. Il controllore di energy harvesting può fornire alimentazione al sensore e alla radio solo quando ne ha bisogno per funzionare, risparmiando così energia”. Per quanto riguarda poi le tecnologie radio che potrebbero essere utilizzate in un sistema simile, ognuna richiede un livello di energia diverso e fornisce specifiche diverse in termini di velocità e portata dei dati: “Dovremmo avere abbastanza energia nel sistema per accendere alcuni sensori, eseguire una misurazione e inviare un messaggio LoRa all’incirca ogni 90 secondi o all’incirca ogni sette o otto minuti utilizzando un modem NB-IoT. Questo è più che sufficiente per la maggior parte delle applicazioni che misurano proprietà semplici, come temperatura e umidità, poiché non cambiano rapidamente nell’ambiente operativo previsto. Per alcune applicazioni, quali i monitor acustici che sono stati utilizzati per “ascoltare” i cavi sul Forth Road Bridge di Londra, ad esempio, l’applicazione deve essere sempre attiva, poiché gli eventi che stiamo ascoltando sono completamente casuali. In questi casi, potrebbe essere necessario disporre di una fonte di energia alternativa più potente, forse una cella solare più grande, per fornire tutta l’energia richiesta per mantenere la batteria carica e l’applicazione in funzione”.

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