Competenze e strategie per la ripresa: l’opinione di Paolo Manfredi

Cosa dobbiamo aspettarci dal post pandemia? In che modo la tecnologia ha aiutato a gestire la situazione di emergenza? Come cambieranno la nostra società e, soprattutto, le nostre imprese? Risponde Paolo Manfredi, responsabile delle strategie digitali di Confartigianato Imprese 

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competenze Manfredi

di Annalisa Cerbone |

Paolo Manfredi, responsabile delle strategie digitali di Confartigianato Imprese, evidenzia come, per una ripresa sociale ed economica dopo la pandemia, ci sia ancora più bisogno di puntare sulle competenze. Abbiamo parlato con lui di scenari e strategie per la ripartenza.

<<La selezione darwiniana delle imprese passerà anche per quelle che saranno state in grado non solo di sopravvivere, ma di rispondere ai bisogni del nuovo mondo>>.

Paolo Manfredi

Il mondo dopo la pandemia sarà molto diverso da quello che abbiamo conosciuto finora. Realisticamente, cosa dobbiamo aspettarci?

Purtroppo non lo sappiamo, anche perché molto dipenderà dalla durata delle limitazioni alla possibilità di spostarsi e all’operatività dell’economia. Io sono ottimista per natura, ma le prospettive sul versante sono tutt’altro che tranquillizzanti, almeno nel breve-medio periodo. Oggi non sappiamo quante imprese avranno la forza, le risorse e la voglia di riaprire e da questo dipenderanno gli scenari occupazionali ed economici. Certo, le risorse pubbliche possono in parte alleviare il problema, se distribuite con criterio, velocemente, a chi ne ha più bisogno e può massimizzarne il valore in termini di livelli occupazionali e ritorno economico. Purtroppo è probabile che perderemo a breve una parte della nostra base produttiva. Altro tema inedito per la nostra generazione e per quelle successive è il ruolo sempre più largo che avrà lo Stato nell’economia, come garante dei prestiti oggi, ma anche come regolatore ed esattore del debito domani. Oggi abbiamo disperatamente bisogno di risorse che solo il pubblico può mobilitare, dobbiamo vigilare per non pentircene domani.

In pieno lockdown le aziende hanno dovuto adattarsi alle mutate esigenze sperimentando flessibilità e Smart Working con un massiccio ricorso alla tecnologia. Quali le ricadute? Vede misure positive da adottare anche nell’immediato futuro?

Si è finalmente capito che la tecnologia può avere un aspetto di semplicità d’uso e diventare familiare anche al di là delle competenze di ognuno. Capendo questo, si sono in parte superati i timori che la tecnologia avrebbe tolto lavoro e libertà o l’indifferenza di chi diceva “non è per me”. Alcune cose rientreranno, perché ad esempio andare a scuola o andare almeno una parte del tempo in ufficio ha un valore in sé, che non è completamente virtualizzabile. D’altra parte alcune tecnologie, penso all’e-commerce anche di prossimità, ci accompagneranno a lungo e diventeranno quotidiane, come lo è diventato il telefono cellulare. Bisognerebbe partire da questo passo in avanti per lavorare agli step successivi, maggiore familiarità diffusa con la tecnologia, più competenze, maggiore adozione di soluzioni anche più raffinate.

Tutto è destinato a cambiare: rapporti sociali, utilizzo delle tecnologie, organizzazione delle imprese e del lavoro, governo dei territori. Qual è il suo piano?

Penso che si debba lavorare con convinzione ed efficacia sul tema delle competenze, unica garanzia di occupabilità per i lavoratori e di competitività per le imprese. Bisogna fare di più e meglio per avvicinare le imprese, soprattutto le micro e piccole che sono oltre il 95% delle imprese italiane, e i territori alle competenze per l’innovazione, per traghettare tutto il nostro patrimonio di saper fare, bellezza, cultura nel futuro. Impresa e territorio le metto insieme perché nella nostra cultura produttiva sono sempre state insieme, tenute unite dal collante della passione e del lavoro. Questo capitale va innovato e non disperso. Il rischio oggi è quanto mai forte; per questo bisogna agire subito e con risolutezza.

In un articolo ha scritto che: “per generare la società del dopo, in cui nessuno si salva da solo, saranno fondamentali, responsabilità e fiducia”. Come andranno a declinarsi?

Come ho detto, lo Stato avrà nel futuro un ruolo enorme nell’economia, nel lavoro e nella nostra vita. Io che non sono un ultra liberista mi sono formato all’idea che lo Stato dovesse essere il regolatore della vita sociale ed economica, ritirandosi da qualsiasi ruolo attivo, ma quello che sta succedendo cambia radicalmente le carte in tavola, come riconoscono anche autorevoli commentatori liberali. Oggi lo Stato che deve gestire questa ricostruzione non è nelle migliori condizioni per farlo, come non lo è la politica, che necessariamente in una democrazia deve gestire le decisioni pubbliche e rispondere alla pubblica opinione. Le élite democratiche attuali sono il frutto di una progressiva marginalizzazione della politica e dello Stato, testimoniata dalla crescente disaffezione elettorale. Potremmo dire che, probabilmente, se avessimo saputo quello che sarebbe accaduto avremmo votato di più e forse diversamente, ma non si può, è troppo tardi. Ecco che allora diventa fondamentale rafforzare i meccanismi di controllo delle democrazie, il patto tra eletti ed elettori che sottostà alla delega democratica: la classe politica dovrà essere sempre più responsabile, perché dalle sue scelte passerà il benessere di tantissimi cittadini, gli elettori dovranno fidarsi degli eletti, vigilando però affinché il patto sia rispettato.


Chi è Paolo Manfredi

Milanese, un figlio, interista, aspirante ciclista e sommelier, Paolo Manfredi è responsabile delle strategie digitali di Confartigianato Imprese, un centro di competenza che analizza l’impatto della rivoluzione sulle micro e piccole imprese e costruisce percorsi di innovazione inclusiva. Scrive di innovazione, politica e ristoranti e collabora con Nova 24 de Il Sole 24 Ore. Nel 2016 ha pubblicato con Marsilio “L’economia del su misura. Artigiani, innovazione, digitale” e nel 2019 con Egea “Provincia non periferia. Innovare le diversità italiane”.

L’intervista integrale è pubblicata sul numero 2 di Elettronica AV

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